1) SPONDILOLISTETSI E SPONDILOLISI

Definizione

Lo scivolamento di una vertebra rispetto ad un’altra si definisce con il termine spondilolistesi, termine derivato dall’unione di due parole greche che significano vertebra e scivolamento. Lo spostamento di una vertebra può avvenire sia in direzione posteriore, in questo caso di parla di retrolistesi, sia in direzione ventrale o anterolistesi. Generalmente, nella pratica comune, con il termine di spondilolistesi ci si riferisce allo scivolamento della vertebra superiore rispetto all’inferiore in direzione anteriore o ventrale.

Il termine spondilolisi identifica invece l’interruzione della continuità anatomica di una struttura denominata pars interarticularis o istmo che è posta tra le due apofisi articolari di una vertebra, la superiore e l’inferiore. Una interruzione dell’istmo, creando una separazione del corpo vertebrale e dell’apofisi articolare superiore dal restante arco posteriore, può essere causa di scivolamento della vertebra e della restante parte superiore della colonna, rispetto alla parte di colonna sottostante.

Etiopatogenesi

Perché si verifichi uno scivolamento vertebrale, devono essere soddisfatte un paio di condizioni e in particolare l’insufficienza dell’uncino posteriore e cioè l’insieme delle strutture anatomiche posteriori che trattengono la vertebra e la perdita di efficienza delle strutture capsulo- legamentose e discali incapaci di conferire stabilità al segmento di moto.

Dal punto di vista anatomico una vertebra è provvista, per ciascuna lato, di un processo articolare inferiore ed uno superiore che a loro volta, si articolano, rispettivamente con il processo articolare superiore della vertebra sottostante e con il processo articolare inferiore della vertebra soprastante.

La pars interarticularis o istmo è la parte che si trova anatomicamente disposta tra l’articolazione superiore e l’articolazione inferiore.  L’interruzione di questo tratto della vertebra produce una netta separazione tra il corpo vertebrale e l’arco posteriore permettendo al corpo vertebrale, non più vincolato, una maggiore mobilità anteriore.

Classificazione

Numerose sono le classificazioni delle spondilolistesi. Storica è quella di Wiltsie che, per primo, ha distinto le spondilolistesi in congenite, istmiche, degenerative e altre. 

La classificazione a cui faremo riferimento e però quella di Marchetti e Bartolozzi che distingue le spondilolistesi essenzialmente in due grandi categorie. Da un lato le spondilolistesi ontogenetiche, suddivise a loro volta in alta e bassa displasia, e dall’altra tutte le restanti forme acquisite cioè secondarie.

Le due forme ontogenetiche, ad alta e bassa displasia hanno localizzazione prevalente, se non esclusiva a L 5-S1, raramente L 4-L5. Generalmente sono causate da forme di displasia dell’arco posteriore a livello dell’uncino osseo, per displasia delle apofisi articolari, allungamenti dell’istmo o lisi dello stesso. Tipicamente sono ad esordio molto precoce in epoca pediatrica.

La storia naturale della forma ontogenetica, se non diagnosticata e non trattata, è quella di una lenta progressione della deformità che interessa la vertebra L5 e il sacro. La vertebra L 5 assume una conformazione trapezoidale, il disco viene stirato in avanti e la parte posteriore, denudata, protrude dal bordo posteriore della L5 ma non dal sacro. Alla risonanza, sui tagli assiali viene definita pseudobulging discale. Il sacro va incontro ad una progressiva verticalizzazione e una deformazione dell’estremità superiore con aspetto arrotondato definito a cupola o “en dome”. Il risultato finale di una spondilolistesi progressiva ed evolutiva, nei casi gravi, può essere una progressione della listesi fino a raggiungere i quadri di ptosi vertebrale dove la vertebra può protrudere al davanti del sacro.

Altra forma di spondilolistesi è quella traumatica.

Sono lesioni fortunatamente rare, conseguenza di traumi ad alta energia in cui la forza traumatizzante agisce nel proiettare il tronco in avanti, in distrazione e flessione a bacino fisso.

Le spondilolistesi da fratture da durata.

Le fratture da durata, insieme con le fratture da stress, sono un gruppo di fratture ben note in ortopedia, essendo causate da un traumatismo di modesta entità (microtrauma), di per sé incapace di creare una frattura, ma che agisce in maniera reiterativa e continua in un determinato periodo di tempo.  L’espressione tipica è la lisi dell’istmo. Tipica è la lisi delle ginnaste che effettuano esercizi di iperestensione del rachide lombo-sacrale. In questi casi è stato ipotizzato un meccanismo di cesoia, per cui nell’iperestensione, la pars interarticularisviene ghigliottinata tra le due articolari superiore ed inferiore.

Infine, le degenerative.

Si tratta di una condizione cronica molto frequente che, interessa una fascia di età adulta e la senescenza e avviene per condizioni involutive e degenerative articolari e discali. Decisamente più frequenti a livello L4-L 5 rispetto al livello sottostante e soprastante. Caratteristica importante, è l’integrità dell’arco posteriore, responsabile di una condizione variabile, ma quasi costante, di stenosi del canale vertebrale.

Dal punto di vista patogenetico, la listesi è causata da due componenti che tra loro interagiscono, e sono, l’incompetenza delle articolazioni posteriori e la degenerazione artrosica delle faccette articolari. L’incompetenza delle zigoapofisarie è l’incapacità delle strutture capsulo legamentose articolari di conferire stabilità al segmento di movimento causando una precoce usura artrosica delle faccette articolari.  L’artrosi, a sua volta, peggiora l’incompetenza articolare in un circolo vizioso che genera dolore, listesi (che generalmente non supera il II grado di Meyerding) e un grado variabile di stenosi del canale vertebrale.

Clinica 

La sintomatologia di una spondilolistesi genericamente intesa è caratterizzata da sintomi vari, quali la lombalgia, l’impotenza funzionale, dolori irradiati agli arti inferiori. Nelle forme degenerative, la concomitanza di una stenosi può determinare la presenza di sintomi e segni clinici da attribuire alla compressione delle radici lombari e, in particolare, la possibilità di avere una claudicatio neurologica, tipicamente caratterizzata dall’esauribilità muscolare e da limitazione della deambulazione. 

Nel caso di una spondilolistesi istmica la componente neurologica periferica sarà, quando presente, soltanto di tipo irritativo dovuto allo stiramento delle radici piuttosto che a una vera compressione. Raramente infatti, ci si trova di fronte ad una situazione deficitaria e questo perché anatomicamente il canale vertebrale è ampio potendo la vertebra scivolare in avanti separata dall’arco posteriore che resta posteriormente.

Diagnosi

In tema di diagnostica dobbiamo distinguere la diagnosi di spondilolisi da quella di spondilolistesi. La diagnosi di spondilolisi deve essere quanto più precoce possibile e volta alla ricerca della rima di lisi che, il più delle volte, è decisamente impegnativa.

La radiologia tradizionale si avvale soprattutto delle proiezioni oblique per visualizzare, in maniera ottimale, la pars interarticularis. Famosa è l’immagine del cagnolino scozzese che si ottiene seguendo il bordo superiore della lamina omolaterale, l’articolazione superiore, l’apofisi trasversa, il bordo esterno dell’istmo, l’articolazione inferiore e il bordo inferiore della lamina. L’occhio corrisponde al peduncolo.

La radiografia in proiezione laterale è indispensabile per stadiare l’entità della listesi secondo la classificazione di Meyerding che distingue quattro gradi di olistesi a seconda della percentuale di scivolamento della vertebra superiore rispetto alla inferiore più un quinto grado definito di spondiloptosi quando la vertebra scivola al davanti del sacro.

Utili anche le radiografie in proiezione laterale eseguite con il paziente posto in massima flessione e massima estensione.

La moderna diagnostica si avvale di un potente strumento, la risonanza magnetica che può essere utilizzata soprattutto nelle fasi precoci di malattia. Con la risonanza magnetica è infatti possibile ricercare le alterazioni di segnale presenti a livello dell’istmo nelle fasi assolutamente precoci, espressione di una iniziale sofferenza del tessuto osseo in una fase in cui la radiologia tradizionale è ancora negativa e incapace di fornire un supporto diagnostico. Questa fase è definita prelisi.

La tac è certamente l’esame, che meglio di altri, permette una valutazione morfologica estremamente accurata a fronte però di una alta dose di radiazioni. Il vantaggio principale è la valutazione morfologica della zona di lisi e, seppur in maniera indiretta, fornire dei dati importanti sulle capacità riparatrici della lisi. In particolare, sui tagli assiali, a strato molto sottile, si può valutare l’ampiezza del difetto osseo, la morfologia delle superfici di lisi e il contatto tra le superfici contrapposte. Margini irregolari e smussi, giustapposizione delle superfici contrapposte sono elementi che possono suggerire una possibile riparazione secondo lo stesso principio della guarigione delle fratture.

Margini sclerotici, netti, con rima ampia e con scarso contatto delle superfici sono elementi che suggeriscono l’assenza di capacità riparativa alla stessa maniera di quanto succede nelle pseudartrosi per mancata guarigione delle fratture.

Trattamento

Il trattamento come per tutte le patologie ortopediche si divide in un trattamento conservativo e in uno chirurgico. Il trattamento ovviamente differirà a seconda che ci si trovi a trattare una spondilolisi o una spondilolistesi nelle sue varie forme.  

Nel caso della spondilolisi, la lisi deve essere considerata alla guisa di una frattura. Una lisi in fase del tutto iniziale, diagnosticata precocemente, sarà trattata incruentemente con corsetti ortopedici.

In caso di mancata guarigione o in caso di diagnosi tardiva, e cioè in una condizione di pseudoartrosi, il trattamento ortesico sarà inefficace e indispensabile sarà, in questi casi, il ricorso al trattamento chirurgico, da riservare ovviamente soltanto ai pazienti sintomatici.

Un comportamento astensionistico è indicato in tutti i casi in cui la spondilolistesi è una diagnosi occasionale e nei pazienti asintomatici mentre, un trattamento conservativo, è indicato nei pazienti affetti da episodi di lombalgia, anche acuta, ma saltuari, associata o meno a modesta componente di dolore periferico, sia di natura muscolare che radicolare. La gestione sarà in questo caso medica, antidolorifica, antiinfiammatoria, fisioterapica e riabilitativa.

Il trattamento di una spondilolistesi ontogenetica deve tenere conto del parametro età e dell’evoluzione dello scivolamento e dovrà essere sicuramente molto precoce nelle forme ontogenetiche ad alta displasia rapidamente evolutive. Nelle forme a bassa displasia l’intervento terrà conto anche del parametro clinico riservando l’intervento alle forme sintomatiche.

Il trattamento di tutte le altre spondilolistesi è sempre chirurgico nei casi sintomatici, non responsivi ai trattamenti riabilitativi, fisioterapici, con o senza importante componente periferica e in pazienti con riduzione della qualità di vita lavorativa o di relazione. Ulteriore indicazione all’intervento può essere la progressione dello scivolamento nei controlli clinici periodici. 

L’intervento chirurgico consiste nel ridurre la listesi, per quanto possibile, e bloccare la correzione ottenuta con dei mezzi di sintesi. In questo caso è stato utilizzato un supporto intersomatico, denominato cage, e quattro viti peduncolari, due per lato. L’intervento così ottenuto si definisce di artrodesi. (https://youtu.be/S1SQm0bpAyc)

Nell’effettuare la correzione dello scivolamento bisogna porre molta attenzione al ripristino di una buona geometria del segmento di movimento e ottenere un’armonica curva lordotica.

Dal punto di vista anatomico e biomeccanico, una listesi istmica differisce notevolmente da quella degenerativa. Nelle forme litiche, in genere, non c’è compressione delle radici però vi è, in compenso, un elevata instabilità segmentaria mentre, al contrario, nelle forme degenerative vi è una minore instabilità segmentaria ma un importante restringimento del canale vertebrale causa di sintomi neurologici

La correzione della listesi, quando tecnicamente possibile, può essere ottenuta anche con trattamenti chirurgici mini-invasivi, sia per le forme di tipo litico che degenerativo, sfruttando il principio della ligamentotassi che consiste nel ritensionamento dei legamenti. I legamenti, sottoposti a trazione, richiamano indietro la vertebra scivolata con recupero del volume del canale vertebrale. Il risultato finale è quello di ottenere contemporaneamente una riduzione della listesi e una decompressione indiretta delle radici della caudaequina.   

Nelle forme degenerative, prioritaria è comunque la decompressione delle strutture neurologiche in caso di stenosi sintomatica. La decompressione che, come detto innanzi, può essere ottenuta, classicamente, con una laminectomia open o, nei casi in cui ciò sia possibile, può essere ottenuta anche indirettamente. Questa tecnica chirurgica rappresenta un vantaggio enorme per il paziente in termini di risultato clinico e di recupero post-operatorio. Accessi mini-invasivi, laterali diretti alla colonna vertebrale, anche se tecnicamente più impegnativi, presentano infatti tutti gli indubbi vantaggi tipici delle procedure mini invasive e consentono un rapido recupero clinico post-operatorio.